Consenso informato Lazio, intervento Nursing Up

Consenso informato Lazio, intervento Nursing Up

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Comunicato stampa Nursing Up Lazio indirizzato a tutte le forze politiche e cittadinanza:

Oggetto: Documento di indirizzo sul consenso informato della regione Lazio


Spett.li tutti, ho letto il documento di indirizzo sul consenso informato della regione Lazio. La regione Lazio che ha reso noto il documento dopo il 25 gennaio 2022, ha interpellato molte figure di professionisti per la stesura del documento, ma nessuno che appartenesse alle categorie dei professionisti sanitari del comparto.

Nei riferimenti bibliografici, c’è il codice deontologico delle professioni infermieristiche (Forse allo scopo di far numero, di arricchire la bibliografia?), ma non delle professioni ostetriche, dei tecnici di laboratorio, di radiologia ecc.

I professionisti sanitari del comparto potrebbero essere interessati e/o coinvolti per alcuni aspetti delle loro attività, come:

“prelievi venosi, arteriosi, capillari, salivari; campionamento di urine, feci e altro materiale biologico; tamponi; terapia farmacologica somministrata secondo prescrizione medica;
rilevazione dei parametri vitali (ad es.: pressione, temperatura, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria); assistenza alla visita medica (spesso incompatibile con il numero degli infermieri);
rimozione punti di sutura; assistenza infermieristica, ostetrica, riabilitativa secondo il piano di cura.

Attività per le quali non mi risultano strutture sanitarie che facciano compilare un consenso a tutela del professionista sanitario del comparto e del paziente”.

Il colloquio informativo deve essere condotto in tempi e luoghi opportuni e con modalità che assicurino l’adeguata tutela della riservatezza della persona assistita. Durante le comunicazioni propedeutiche per informare il paziente e chiedere il consenso: “il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”. …quindi isolato dagli altri pazienti, che comunque hanno necessità di assistenza. Quindi gli infermieri, per assistere alle comunicazioni inerenti il consenso informato, debbono allontanarsi dalle attività legate ai “bisogni dell’utente”.


Gli argomenti principali dei colloqui informativi, ovviamente da adattare al caso concreto, sarebbero: “condizioni/diagnosi della persona assistita; trattamento/i proposto/i; nome del/i professionista/i che eseguirà/eseguiranno il trattamento (o, qualora non sia ancora noto per motivi organizzativi, il nome del Responsabile di U.O. e della sua equipe autorizzata a eseguire il trattamento proposto); potenziali benefici e rischi attuali e futuri, e complicanze possibili dell’iter diagnostico/terapeutico proposto, tenuto conto delle condizioni di salute della persona assistita; possibili alternative; prospettive prognostiche; possibili problemi connessi con il recupero o la piena guarigione; possibili conseguenze dell’eventuale rifiuto, in tutto o in parte, dei trattamenti sanitari; possibilità di revocare in qualsiasi momento il consenso fornito”.

Sempre nel documento edito dalla regione Lazio, si legge che il consenso informato è acquisito in forma scritta mediante l’utilizzo di apposita modulistica, oltre che nelle ipotesi espressamente disciplinate da norme di legge, nei casi specifici di seguito riportati: “interventi chirurgici; prima di parti operativi; somministrazione di anestesia o sedazione (moderata e profonda); procedure invasive, con particolare riferimento alle seguenti”:
“procedure di emodinamica; procedure endoscopiche; procedure di radiologia interventistica vascolare e non vascolare; procedure ecografiche interventistiche (ago aspirati e diagnostica senologica); procedure angiografiche; posizionamento di drenaggi (ad esempio in caso di paracentesi, toracentesi, svuoto di ascessi e raccolte, ecc.); posizionamento di accesso venoso centrale, anche per via periferica; rachicentesi; isteroscopia; procedure bioptiche; esecuzione di TAC e RMN; somministrazione di mezzo di contrasto; esecuzione di scintigrafia e PET; radioterapia e chemioterapia; trattamenti dialitici; trattamenti e prestazioni sanitarie prevedibilmente gravati da alto rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull’integrità psico-fisica”.

Nel documento citato c’è una particolare tabella dove si enfatizza:
Condizioni per le quali è espressamente richiesta l’acquisizione del consenso informato in forma scritta per norma di legge oppure per prescrizione ordinistica: “trasfusioni di sangue o emoderivati; Prelievo ematico per ricerca di HIV; Esecuzione di test genetici; Procreazione medicalmente assistita; Somministrazione di farmaci non ancora registrati o non autorizzati al commercio oppure per indicazioni o a dosaggi non previsti dalla scheda tecnica (cosiddetto uso off label); Uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica (cosiddetto uso compassionevole); Prelievo di organi, tessuti e cellule a scopo di trapianto; Vaccinazioni;
Ricerca biomedica e sperimentazione clinica; Prestazioni non terapeutiche, finalizzate al potenziamento  delle fisiologiche capacità fisiche e cognitive dell’individuo (cosiddetta medicina potenziativa); Attività diagnostico-terapeutiche con finalità estetiche (cosiddetta medicina estetica)”.

L’attività informativa spetta al curante o al professionista sanitario che dovrà eseguire il trattamento diagnostico/terapeutico e, nel caso di atti sanitari compiuti in equipe o che presuppongano l’intervento di specialisti diversi.

E’ preferibile che l’informazione sia fornita dai professionisti coinvolti, anche “separatamente” in virtù delle capacità (aggiungiamo anche al profilo del professionista) di accoglienza in sicurezza degli ambienti di degenza. Alla luce di quanto sopra, con la storia nazionale che ci riguarda, in qualità di professionisti, ci lasciano profondamente perplessi, due aspetti: “Livello di forza delle raccomandazioni per la raccolta del consenso informato” e “Check list per la valutazione della qualità del Consenso Informato”, dov’è buttato là con nonchalance: “Nel modulo di consenso informato sono riportati in maniera leggibile il nominativo e la firma dell’esercente la professione sanitaria che concorre al processo di cura” - “Presenza e firma di un altro esercente la professione sanitaria, facente parte dell’equipe che assiste all’acquisizione del consenso informato”. …e sarebbero raccomandazioni di tipo C, vale a dire: “fortemente consigliato (per implicazioni legali)”. La firma di un altro esercente sta già coinvolgendo, almeno il personale infermieristico, non considerando la biblica carenza di personale.

E’ imbarazzante immaginare un infermiere che a fatica arriva a fine turno, a causa delle incombenze peculiari di un infermiere come quelli in corsia. Ci si aspetta che un infermiere deve interrompere le attività proprie, per almeno 30 minuti a paziente, al fine di assistere ai colloqui propedeutici per il consenso informato, che com’è scritto: “il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”. Ne consensi si legge l’elenco dei dati convenzionali, ma sotto la “firma del medico” è prevista “la firma degli operatori presenti”, non specificando il profilo di appartenenza. …e sarebbe una raccomandazione di tipo C, vale a dire: “fortemente consigliato (per implicazioni legali)”.
…avete previsto che l’infermiere, l’ostetrica, ecc. in molte realtà debba seguire il consenso del medico, quindi ci si aspetta che il professionista sanitario del comparto possa entrare nel merito dell’intervento chirurgico o dell’intervento medico ecc? Tutto ciò ci lascia profondamente dubbiosi, anche circa il fatto che le organizzazioni mediche non abbiano avuto nulla da dire. Si aspettano che i professionisti sanitari del comparto, di fronte alle responsabilità di legge, facciano i servi muti di Zorro?
Unitamente al fatto che si sottovaluta l’arrivo dei prossimi infermieri che potrebbero essere inseriti in organico, dall’India o dal Kenya, ampliamente annunciati.

Sono anni che chiediamo autonomia per alcuni aspetti, anche utilizzando algoritmi e protocolli, per le questioni più semplici, ma basta un non nulla e si levano gli scudi delle organizzazioni mediche, secondo cui anche soffiare il naso al paziente li compete fortemente e le azioni degli infermieri potrebbero compromettere gravemente la salute dei pazienti.

Ora con il suddetto documento, che allego, posso essere testimone e certificatore della descrizione di un atto medico, dal più semplice al più complesso? Concludendo, alla luce di quanto sopra, si chiede la modifica del documento nell’ottica delle considerazioni sopra esposte, sottolineando che:  è fin troppo generico scrivere: “la firma degli operatori presenti”, enfatizzando che un atto medico è diverso dall’atto infermieristico, i primi si occupano di diagnosi e cura, gli altri di bisogni. Inoltre siamo convinti che siffatte modalità non tutelino nessuno!  e comunque, un documento del genere non può sotto intendere un incremento adeguato dei professionisti sanitari del comparto, non sottovalutando i settori a bassa intensità di cura, ma, dove c’è un alto turnover di pazienti.

Pensiamo alle chirurgie come i day surgery, i day hospital oncologici (dove vengono trattati anche 100 utenti al giorno), gli ambulatori dei piccoli interventi ecc. e tuttavia, è fondamentale un ampliamento adeguato e riconosciuto delle competenze dei professionisti sanitari del comparto, proporzionato alle pratiche che s’intende attribuire.

Non c’è più tempo per aspettare le tempistiche della politica e delle altre organizzazioni che ci vogliono collaborativi in corsia, ma sottomessi giuridicamente.

Cordialmente

Roma, 19.10.2023                               

Responsabile Regionale Nursing Up Lazio

Laura Rita Santoro

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